Introduzione
C’era una volta la canapa. Usata per secoli per fare corde, vele e vestiti, poi demonizzata e infine dimenticata. Ma oggi, nel pieno dell’era della sostenibilità e della coscienza ecologica, la canapa tessile sta facendo un ritorno clamoroso. E non con l’aria nostalgica del “si stava meglio prima”, ma come risposta concreta ai problemi dell’industria della moda: inquinamento, sprechi e sfruttamento.
Ironia della sorte, la pianta più ingiustamente perseguitata del Novecento torna a vestire con stile il ventunesimo secolo. E lo fa con un curriculum impeccabile: bassa impronta idrica, resistenza naturale ai parassiti, zero pesticidi, traspirabilità e durabilità. Altro che fast fashion.
Normativa vigente
Parlare di canapa in Italia significa inevitabilmente sfogliare un codice normativo fitto e spesso contraddittorio. La Legge 242/2016 ha rappresentato un punto di svolta per la canapa industriale, distinguendola nettamente dalla cannabis a uso ricreativo. In breve: è legale coltivare canapa, purché la varietà sia iscritta al catalogo europeo e il contenuto di THC sia inferiore allo 0,2% (con tolleranza fino allo 0,6%).
La canapa tessile rientra perfettamente in questo quadro. Anzi, è forse il comparto più “pulito” della filiera: nessun rischio di sballo, solo fibre lunghe e resistenti. Tuttavia, la burocrazia italiana non aiuta: registrazioni, controlli, interpretazioni variabili. Il consiglio? Collaborare con associazioni di settore, affidarsi a consulenti agricoli e tenere tutta la documentazione in ordine.
Tecniche di coltivazione
La canapa industriale è la gioia degli agricoltori biologici. Cresce velocemente (fino a 4 metri in 100 giorni!), soffoca naturalmente le erbacce, rigenera il terreno e ha un basso fabbisogno idrico. Insomma, è una pianta che lavora sodo senza chiedere troppo.
Per la produzione tessile, l’attenzione maggiore va posta sulla raccolta delle fibre. Le varietà per tessile vanno seminate a distanze ridotte per ottenere steli più lunghi e dritti. Dopo la raccolta (di solito tra luglio e settembre), si procede alla macerazione: processo naturale che separa la fibra dalla parte legnosa dello stelo. Seguono l’essiccazione, la stigliatura e la filatura. Sì, è un processo più complesso del semplice raccolto e via, ma il risultato è un tessuto eccezionale: resistente, antibatterico, traspirante.
Scegliere i semi giusti
Non tutte le canape sono uguali. Per la produzione tessile servono varietà specifiche, registrate nel catalogo europeo. Le più note?
- Futura 75: francese, adatta a molteplici usi ma buona anche per fibra.
- Carmagnola: storica varietà italiana, ottima per fibre lunghe.
- Santhica 27: a bassissimo contenuto di THC, ideale per tessuti e oli essenziali.
Scegliere la varietà giusta significa ottimizzare la resa in fibra, la resistenza delle piante e la qualità del tessuto finale. Importantissimo acquistare da rivenditori certificati e conservare le fatture per ogni lotto.
Conclusione con consigli pratici
Il ritorno della canapa tessile non è una moda passeggera, ma una vera e propria rivoluzione verde. Mentre il mondo della moda cerca disperatamente alternative alla plastica travestita da vestito (aka il poliestere), la canapa offre una risposta antica e modernissima.
Cosa puoi fare tu?
- Se sei un coltivatore, considera la canapa come alternativa rigenerativa e redditizia.
- Se sei un brand di moda, valuta l’inserimento di una linea in canapa: etica, sostenibile e con una bella storia da raccontare.
- Se sei un consumatore, scegli tessuti in canapa, leggi le etichette, premia i produttori trasparenti.
Nel 2025, parlare di canapa non significa più fare allusioni spinose: significa parlare di futuro, economia circolare, stile e coraggio. Il ritorno della canapa tessile non è solo un ritorno: è una riscossa.