“I fumatori di cannabis hanno delle macchie nere nel cervello.” Così titola Fanpage, e il web va in tilt. Le nonne corrono a nascondere i nipoti, i proibizionisti stappano lo spumante. Ma… è davvero così?
Qui a Canapalandia non ci limitiamo a leggere i titoli: ci andiamo a fondo. E spoiler: quelle macchie, più che nel cervello, sembrano nella narrazione.
Quando il titolo fa più danni dello studio
Fanpage riporta uno studio presentato all’American Stroke Association in cui si ipotizza una connessione tra consumo abituale di cannabis e la presenza di “lesioni cerebrali” osservate tramite risonanza magnetica.
Ma c’è un piccolo dettaglio: lo studio è preliminare, non ancora pubblicato su riviste scientifiche, e non dimostra alcun nesso diretto tra cannabis e macchie. Nonostante ciò, il titolo diventa subito: “la canna ti annerisce il cervello”. Altro che clickbait, qui siamo all’hard baiting.
Chi finanzia, influenza?
Domanda legittima. Il lavoro arriva dagli USA, dove la battaglia ideologica sulla cannabis è ancora accesa. Alcuni dei finanziatori risultano legati a fondazioni sanitarie, ma con posizioni ambigue (se non sospette) sul consumo ricreativo. Insomma, non proprio i paladini dell’obiettività scientifica.
Le macchie ci sono, ma nella metodologia
Persino gli autori dello studio mettono le mani avanti: non si può parlare di causa-effetto. Quelle famose “macchie” (anomalie nella sostanza bianca) possono dipendere da mille altri fattori: pressione alta, inquinamento, insonnia, dieta, sigarette — e no, non solo quelle di cannabis.
Nel campione, molti partecipanti erano fumatori anche di tabacco. E non sono stati considerati parametri fondamentali come stile di vita, stress, alcol o attività fisica. Più che uno studio, sembra un frullato di variabili impazzite.
Altri studi, altre verità
La comunità scientifica seria dice altro. Ecco qualche esempio:
- JAMA Psychiatry (2019): Nessuna differenza significativa nella struttura cerebrale tra giovani consumatori e non consumatori di cannabis.
- Harvard Medical School: Gli effetti cognitivi sono transitori e non indicano danni strutturali a lungo termine.
- NIDA: La maggior parte degli studi che mostrano alterazioni cerebrali non tengono conto di fattori esterni come ambiente, genetica, salute mentale.
Insomma, le “macchie nere” sono più nella selezione delle fonti che nel cervello degli utenti.
Quando la scienza è solo un costume da carnevale
Usare uno studio preliminare per alimentare paure infondate è puro sensazionalismo. Il titolo fa il lavoro sporco, mentre la verità si nasconde tra le righe. Ed è così che si fabbrica l’informazione: a colpi di suggestione e click.
Questa non è divulgazione: è proibizionismo camuffato. È il solito giochino: alimentare lo stigma sulla cannabis, screditare chi la consuma, e dare un assist a chi sogna di tornare al Medioevo del pensiero.
Conclusione: il vero danno lo fanno i titoli, non gli spinelli
Non servono titoloni drammatici per parlare di salute pubblica. Servono dati, contesto e onestà intellettuale. Quando una testata si limita a rilanciare senza verificare, il risultato è una fake news in abito da sera.
La verità? È più complicata. Ma anche più interessante.
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