Walter De Benedetto, affetto da una forma grave e debilitante di artrite reumatoide, ha vinto la sua battaglia legale. Il giudice del tribunale di Arezzo, Fabio Lombardo, ha dichiarato che Walter non è colpevole di spaccio, riconoscendo che la coltivazione della cannabis nella sua abitazione era destinata esclusivamente a fini terapeutici.
Walter, in un disperato tentativo di alleviare i dolori cronici causati dalla sua malattia, si era visto costretto ad autoprodurre la cannabis, poiché la quantità di farmaci cannabinoidi che gli veniva prescritta non era sufficiente a coprire il suo fabbisogno. Dopo essere stato denunciato per la presenza di una serra domestica con alcune piante di cannabis, ha intrapreso una lunga battaglia legale, conclusasi con un verdetto che segna una tappa importante nella lotta per il riconoscimento del diritto all’autocoltivazione per uso medico in Italia.
Una sentenza accolta con applausi e sollievo
All’uscita dal tribunale, Walter è stato accolto dagli applausi dei suoi sostenitori. In una dichiarazione rilasciata poco dopo la sentenza, ha espresso la sua soddisfazione:
“Ce l’abbiamo fatta. Sono stato assolto perché è stato riconosciuto che non avevo alcuna intenzione di spacciare. Avevo semplicemente bisogno di questa pianta per sopportare il dolore che la mia malattia mi causa ogni giorno.”
Il suo avvocato, Lorenzo Simonetti, ha aggiunto:
“Siamo molto soddisfatti dell’assoluzione perché il fatto non sussiste. Walter ha fatto ricorso all’autocoltivazione solo per necessità mediche, come è stato dimostrato in tribunale. Avevamo da tempo chiesto l’archiviazione del caso, e oggi finalmente abbiamo ottenuto giustizia.”
La mobilitazione sociale e politica in sostegno di Walter
Il caso di Walter ha scosso l’opinione pubblica, diventando un simbolo della lotta per i diritti dei malati gravi che ricorrono alla cannabis terapeutica. Attraverso la campagna #IoStoConWalter, sono stati innumerevoli i cittadini, le associazioni e i personaggi del mondo politico che hanno manifestato il loro sostegno. Tra questi, esponenti del Movimento 5 Stelle come Caterina Licatini e Riccardo Magi di +Europa, che hanno presenziato alle udienze e ribadito la necessità di una legge che consenta la coltivazione domestica della cannabis per scopi terapeutici.
Anche le associazioni Meglione e Luca Coscioni si sono unite alla battaglia, chiedendo a gran voce una revisione delle normative attuali. Il loro obiettivo è garantire a tutti i pazienti affetti da patologie gravi l’accesso alla cannabis terapeutica in modo continuativo, senza dover dipendere da limitazioni burocratiche o dalla carenza di farmaci sul mercato legale.
Un futuro incerto: l’Italia e la cannabis terapeutica
Nonostante l’assoluzione di Walter rappresenti una vittoria importante, il suo non è purtroppo un caso isolato. In Italia, molti malati che si affidano alla cannabis per gestire dolori cronici o altri sintomi invalidanti si trovano costretti a lottare non solo contro la malattia, ma anche contro la legge. L’accesso alla cannabis terapeutica è ancora limitato e spesso insufficiente, lasciando molti pazienti senza alternative se non quella di autoprodurre la sostanza, con il rischio di incorrere in conseguenze legali.
Nel mondo, però, molti paesi stanno già adottando legislazioni più aperte in merito alla coltivazione domestica per uso medico. Il caso di Walter potrebbe rappresentare un passo decisivo verso una riforma anche in Italia, dove la richiesta di un cambiamento normativo è sempre più pressante.
La speranza è che il governo italiano prenda atto di questa sentenza e si muova rapidamente verso una legislazione che garantisca il diritto alla coltivazione domestica per i malati gravi, in linea con quanto avviene in altri paesi europei e oltre oceano.
Se vuoi approfondire la vicenda di Walter e le lotte per il riconoscimento della cannabis terapeutica, ti consigliamo di leggere gli articoli su La Repubblica e Il Fatto Quotidiano.